Nel Decreto Fiscale, collegato alla Legge di Bilancio 2019, è stata proposta anche una modifica alla reverse charge IVA per smartphone, pc e console, ispirata da quanto fatto da Optime (Osservatorio Permanente per la Tutela in Italia del mercato dell’Elettronica), che riguarda da vicino i grandi markeplace del web come Amazon, eBay e simili.
Lo scopo della proposta è quello di evitare che avvengano attività illecite che portano all’evasione dell’IVA da parte di piccoli operatori presenti sui marketplace.
Cos’è la reverse charge e come viene sfruttata illegalmente
La reverse charge è un intervento fiscale che punta a contrastare l’evasione dell’IVA comunitaria. Il provvedimento originale prevede che l’imposta venga applicata direttamente e solamente dal rivenditore finale, così da non considerarla lungo la filiera di vendita rendendo poi difficile l’individuazione di un eventuale “disonesto”. Questo meccanismo funziona a patto che anche tale rivenditore ultimo sia onesto.
La pratica (illegale) che nel tempo sembra essersi consolidata è la seguente: sempre più rivenditori acquistano dai fornitori senza IVA, come prevede il reverse charge, e vendono al cliente finale con un prezzo comprensivo di IVA più basso di quello di mercato. In questo modo riescono a proporre l’offerta più competitiva e acquisire velocemente visibilità all’interno dei vari marketplace (eBay e Amazon per citarne due), dopodiché intascano l’imposta e nel giro di qualche mese chiudono. Salvo riaprire subito dopo dietro diverso nome, mantenendo di fatto l’attività in piedi.
Cosa prevede la nuova proposta
La modifica introdotta dal Governo rivoluziona il meccanismo di versamento dell’IVA sulle vendite generate nei marketplace. Saranno infatti le piattaforme stesse a dover versare l’imposta e restituire l’imponibile al rivenditore. I colossi dei marketplace dovranno dunque trattenere l’IVA durante il trasferimento delle somme dai clienti ai rivenditori, versandola successivamente allo Stato. Salvo modifiche, questo emendamento obbligherà di fatto tutti i rivenditori disonesti a uscire dai marketplace, non avendo più alcun guadagno (l’imposta stessa praticamente) nel rivendere su questi siti. “Potranno” però continuare ad agire illecitamente attraverso i loro siti aziendali ma almeno non sarà più così facile acquisire notorietà non potendo fare leva tramite i colossi dell’e-commerce.
Di certo, le aziende che si occupano di marketplace si troveranno in una situazione strana. Da una parte sono in difficoltà in quanto la gestione delle vendite sarebbe più complicata e perderebbero il business generato dai “rivenditori disonesti” di cui vi abbiamo parlato, ma dall’altra parte non possono schierarsi come oppositori di un provvedimento che favorisce la legalità.
L’emendamento è stato già depositato dal Governo ed è in attesa di approvazione, che ne consentirebbe la conversione in Legge. Sempre che non venga fermato prima.